Il Servizio Radiotelegrafico e intercettazioni del Regio Esercito nel 1915-1918
Il battesimo del fuoco del Servizio radiotelegrafico
del Regio Esercito si registrò in terra d’Africa, nel corso del conflitto
italo-turco del 1911-1912. Vi partecipò una compagnia radiotelegrafisti che
mantenne i collegamenti tra Tripoli e la Sicilia, prima con Lampedusa, poi
con la città di Vittoria (distante circa 500 km) e fra Tripoli e città
libiche di Derna e Misurata. Si impiegarono anche stazioni campali da
fanteria e someggiate da cavalleria. Lo stesso Guglielmo Marconi si recò in
Libia per verificare la funzionalità dei mezzi radio ed offrire la propria
competenza in materia al personale radiotelegrafista dell’Esercito. Il
primo, infruttuoso tentativo di ricorso ai mezzi radio risaliva, però, al
1903, seguito dagli esperimenti in occasione delle manovre in Campania del
1905, dove vennero utilizzate delle stazioni radio realizzate dalla brigata
specialisti col concorso della società Marconi. La prima sezione
radiotelegrafica della specialità telegrafisti dell’arma del Genio venne
istituita nel 1907. Nel marzo del 1914, il Regio Esercito disponeva, per le
esigenze delle mobilitazione, di 24 stazioni radiotelegrafiche operative: 8
da 1,5 – 3 kW per divisione di cavalleria, 10 da 1,5 kW Marconi su carreta e
6 da 1,5 kW Marconi per Z.M.; si avevano pure a disposizione, oltre alcuni
stazioni di vario tipo per istruzioni, 2 apparati francesi da 0,3 kW della
Societè Radioèlectrique. Risultavano in corso di allestimento una stazione
da 1,5 kW su carretta, 7 stazioni da 1,5 kW cammellabili di riserva per la
Libia, 5 stazioni Mercadier Magunna da 0,3 kW. Si era in attesa, inoltre,
dei fondi per acquistare 6 stazioni da 1,5 kW su automobili e 4 da o,5 kW
Marconi. L’intervento in guerra dell’Italia contro l’Austria-Ungheria portò
ad uno sviluppo delle radiocomunicazioni, nonostante le difficoltà di
approvvigionamento delle stazioni radio e di addestramento del personale
specialista. All’inizio della guerra il servizio radiotelegrafico
comprendeva i seguenti organi: L’ispettore capo del servizio telegrafico
militare presso il Comando Supremo; gli Ispettori del servizio telegrafico
militare d’armata, addetti ai comandi del genio d’armata (affiancati a
partire dal 1917 da un sottoispettore); una sezione radiotelegrafica presso
il Comando Supremo; una sezione radiotelegrafica presso ogni comando
d’armata; una sezione radiotelegrafica presso ogni comando di divisione di
cavalleria; l’ufficio radiotelegrafico di Treviso, dal quale dipendevano gli
impianti R.T. fissi delle fortezze della zona di guerra. Nel 1915 le sezioni
R.T. del Comando Supremo e d’armata comprendevano 2 stazioni carreggiate da
1,5 kW, mentre le sezioni R.T. per divisione di cavalleria avevano 2
stazioni automobili da 1,5 – 3 kW. L’Ufficio di Treviso aveva la gestione di
12 stazioni R.T. fisse da 1,5 – 3 e 5 kW dislocate nel territorio di
frontiera. Una compagnia radiotelegrafisti era dislocata in Libia. Nel corso
del conflitto si adottarono stazioni someggiate da 0,5 e 0.3 kW, portatili
da 0,2 kW, di piccola potenza da 0,1 – 0,05 e 0,04 kW. Per i collegamenti
avanzati si utilizzarono anche posti T.P.S. di telegrafia attraverso il
suolo (geotelegrafia), della portata massima di 2-3 km. Per rendere
possibile il contemporaneo e migliore funzionamento del servizio
radiotelegrafico e per effetto degli aumentati e diversificati mezzi radio,
fu necessario provvedere al loro coordinamento ed alla loro disciplina.
Venne pertanto affermato e sanzionato il concetto della direzione unica di
tutto il servizio R.T. di una armata. La direzione tecnica unica del
servizio R.T. del’intero teatro di guerra continuò ad essere devoluta
all’ispettore capo del servizio telegrafico militare presso il Comando
Supremo, come previsto dalla pubblicazione n. 87, edizione 1914,
Norme
generali comuni per il servizio R.T. del Regio Esercito e della Regia Marina
e ribadito con la circolare n. 13770 in data 16 novembre 1916 del Comando
Supremo – Ufficio Tecnico, Ordinamento del Servizio delle Trasmissioni.
Dall’ispettore capo dipendevano anche il servizio di intercettazione
radiotelegrafica e di determinazione radiogoniometrica delle stazioni R.T.
avversarie. Nel dicembre 1916 erano operative 15 sezioni R.T.: 5 d’armata
(1^, 2^, 3^, 4^, 6^ assegnate alle rispettive armate), 4 di cavalleria (1^,
2^, 3^, 4^ assegnate alle corrispondenti divisioni), oltre alla 1^ e 2^
sezione R.T. speciale dei corpi d’occupazione di Albania e Macedonia, alla
sezione R.T. del Comando Supremo, alla sezione fissa di Treviso, alla
sezione R.T. d’artiglieria alle dipendenze della 4^ armata, alla sezione
R.T. d’aviazione gestita dal magazzino avanzato d’aviazione di Pordenone.
Nel giugno 1917 e nel gennaio 1918 vennero soppresse, rispettivamente, le
sezioni R.T. d’artiglieria e le sezioni R.T. d’aeronautica. Il personale
dipendente ed i relativi mezzi vennero ripartiti tra il 3° Reggimento Genio
Telegrafisti e le sezioni R.T. d’armata e del Comando Supremo. Nell’ottobre
1917, pur essendo grandemente aumentato il numero delle stazioni ed
essendosi molto sviluppata la rete delle comunicazioni radio, il numero
delle sezioni era rimasto fermo a 15. In base alla circolare n. 14000 in
data 31 maggio 1918 il Comando Supremo dispose il riordinamento del servizio
radiotelegrafico. Alle dipendenze dell’ispettore capo servizio telegrafico
militare vennero messi 3 ufficiali: uno addetto al servizio R.T. di
aeronautica e difesa aerea ed uno addetto alle relazioni fra il servizio
R.T. e servizio informazioni. Quali organi direttivi, esistevano presso i
comandi di armata e di corpo di armata degli ufficiali superiori (ispettori)
del servizio R.T.. Come organi esecutivi, vi erano presso il Comando Supremo
una sezione R.T. ed una sezione radiogoniometrica e presso ogni armata,
corpo di armata, divisione di cavalleria e grande unità autonoma una sezione
R.T.. Nel luglio 1918 venne creato un deposito del battaglione
radiotelegrafisti, al quale passarono effettivi i reparti R.T. in precedenza
mobilitati dal 7° Reggimento Genio Telegrafisti. Qualora le fortunate
vicende belliche dell’autunno del 1918 non avessero posto termine alle
ostilità, l’assegnazione di mezzi radiotelegrafici si sarebbe gradatamente
estesa anche alle divisioni, alle brigate, ai reggimenti ed ai battaglioni.
I programmi prevedevano l’acquisizione di 600 stazioni R.T. da trincea.
Nella realtà, alla vigilia di Vittorio Veneto, erano disponibili 20 sezioni
radiotelegrafiche, su un totale di 29 costituite nel corso del conflitto.
Nel novembre 1918 erano in linea: 8 stazioni radio fisse; 55 campali da 1,5
– 3 kW; 32 campali da 0,5 kW; 63 campali da 0,2 kW; 76 campali da 0,01 –
0,04 – 0,05 kW; 268 stazioni d’ascolto per aviazione; 34 stazioni per
intercettazione radio; 13 stazioni radiogoniometriche. L’Istruzione
provvisoria sui collegamenti emanata dal Comando Supremo nel 1918 riferiva:
“La radiotelegrafia è impiegata per i seguenti motivi: stabilire
comunicazioni fra comandi e raparti dipendenti, in regioni attraverso le
quali non possono sussistere comunicazioni col filo; per condizioni
topografiche e climatiche oppure per la violenza del tiro nemico; diramare
comunicazioni circolari urgenti, come per esempio ordini per concentramenti
di fuoco per artiglieria, segnalazioni antiaeree, meteorologiche, ecc.;
mettere in comunicazione gli aerei con le stazioni terrestri; mettere in
comunicazione reciproca le aeronavi in volo; intercettare le comunicazioni
radiotelegrafiche emesse dalle stazioni nemiche; costituire comunicazioni di
riserva fra comandi di grandi unità e comandi dipendenti, fra osservatori
avanzati e comandi di artiglieria, ecc. Piccole stazioni radiotelegrafiche
di tipo speciale possono essere istallate in vicinanza delle prime linee,
per garantire le comunicazioni con i comandi retrostanti anche durante
l’intenso tiro nemico; il loro numero deve però essere limitato, ad evitare
che reciprocamente si disturbino. Il piccolo rendimento di tali stazioni e
la facile intercettazione fanno sì che la radiotelegrafia debba al momento
attuale considerarsi, per le truppe in prima linea, come un mezzo di
collegamento eccezionale, da impiegarsi in caso di necessità e per brevi
comunicazioni. (…) Collegamento con gli aerei. Gli aeroplani hanno a bordo
una piccola stazione radiotelegrafica della potenza di circa 50 Watt e con
raggio d’azione non superiore ai 15-20 km. L’antenne delle ordinarie
stazioni R.T. terrestri è costituita da un filo, detto aereo, di lunghezza
visibile da 150 a 200 metri, che viene svolto dall’osservatore quando deve
trasmettere e riavvolto sul proprio tamburello a trasmissione finita.
Mediante l’apparecchio di bordo, l’osservatore può inviare con segnali Morse
qualsiasi messaggio a stazioni riceventi appositamente preparate a terra.
Finora, a bordo degli aeroplani sono state installate soltanto stazioni
trasmittenti, perché il rombo del motore rande assai difficile la ricezione
ad udito, (…) Servizio collegamento con aerei, che si opera mediante
stazioni trasmittenti collegate a bordo dei velivoli (Marconi 40 W, stazioni
francesi con alternatore tipo K, stazioni T. Av. 200 W) e posti d’ascolto
presso gli enti interessati, vale a dire presso i comandi di artiglieria di
corpo d’armata, comandi di gruppo di artiglieria, comandi di batterie (per
il servizio di ricognizione in genere e il servizio d’osservazione del
tiro), e presso i comandi di brigata di fanteria (specialmente per il
servizio di collegamento colle fanterie). Esistono anche stazioni di ascolto
presso i campi d’aviazione per il controllo del servizio prestato dagli
aerei. Nell’ultimo anno di guerra, la radiotelegrafia era
impiegata per: servizio di collegamento delle grandi unità, servizio di
prima linea, servizio di artiglieria, servizio di aeronautica, servizio
antiaereo, servizio radiogoniometrico, servizio d’intercettazione, servizio
di trasmissione di circolari simultanee (bollettini e notizie di guerra,
bollettini meteorologici, aerologici, orario, ecc.), servizio
radiotelefonico, servizio di ricezione meccanica di trasmissioni celeri.
Sulla base dell’esperienza bellica, nel febbraio 1919, sul Bollettino
tecnico di guerra dell’arma del genio di poteva leggere:
“Nella guerra di
posizione la radiotelegrafia si è dimostrata un prezioso sussidiario di
comunicazione, a completamento del servizio telegrafonico ordinario, per
casi in cui il collegamento col filo o con mezzi ottici non è possibile, o
conveniente, e specialmente quando occorrano comunicazioni direttissime a
grandi distanze. D’altra parte, nella guerra mobile (specialmente in
territorio nemico) e per il collegamento con i velivoli, la radiotelegrafia
ha rappresentato un mezzo principale di comunicazione, tanto più che, in
generale, essa è anche indipendente dalla configurazione del terreno. Ma, in
ogni caso, deve tenersi presente che il servizio radiotelegrafico non può
sostituire in modo assoluto il servizio telegrafonico, per la sua minore
produttività”. Il problema delle intercettazioni radio era stato valutato
dagli organi tecnici del Ministero della Guerra fin dagli albori delle
trasmissioni senza filo. Nell’ottobre 1914, il Capo di Stato Maggiore
dell’Esercito, Luigi Cadorna, propose di aggiornare le Istruzioni di polizia
militare edizione dicembre 1912 con delle norme ch facilitassero il compito
degli organi militari nella ricerca di stazioni radiotelegrafiche
clandestine. “La scoperta fatta in questi ultimi
tempi di numerose stazioni radiotelegrafiche abusive ha dimostrato quanto
vada diffondendosi clandestinamente questo nuovo trovato della scienza, sia
per ragioni di studio, sia per semplice curiosità o diletto. Questi
impianti, fatti per scopi apparentemente innocenti, possono però favorire
atti di spionaggio e costituire una vera e propria insidia alla nostra
difesa militare, in pace e in guerra, E’ quindi assolutamente necessario che
le autorità militari concorrano esse pure con ogni mezzo a prevenire questi
atti criminosi, interessando i dipendenti ad esercitare ovunque un’attiva
vigilanza intesa a stabilire l’esistenza di stazioni R.T. abusive e a far
colpire col rigore della legge i contravventori.”
Le aggiunte a varianti alla pubblicazione Istruzioni
di polizia militare erano contenute nell’allegato n. 2, Vigilanza sulla
radiotelegrafia: “(…) Sono riservati al
Governo lo stabilimento e l‘esercizio degli impianti radiotelegrafici e le
concessioni ai privati od enti di stabilire ed esercitare impianti del
genere. (….) Lo spionaggio militare per mezzo della radiotelegrafia
può valersi tanto di stazioni complete quanto di stazioni solo riceventi.
Con le prime si possono sia carpire che trasmettere notizie anche
grandissima distanza, con le seconde si possono carpire le comunicazioni che
avvengono fra le nostre stazioni radiotelegrafiche e anche ricevere ordini o
istruzioni da stazioni situate fuori del territorio nazionale. L’aereo delle
stazioni radiotelegrafiche abusive può assumere forme diverse. Occorre fare
una distinzione essenziale per le stazioni trasmittenti e quelle solo
riceventi: le prime devono avere un aereo vero e proprio che, qualunque sia
la forma adottata per dissimularlo, presenta una struttura visibile a
distanza che non può sottrarsi a lungo a ricerche bene ordinate; le seconde
invece non solo possono valersi di semplici fili già predisposti per altri
bisogni sui tetti o lungo le facciate delle case (fili di parafulmini, aste
per bandiere, ecc.), ma anche di conduttore metallico d’altra forma, come ad
esempio, una grondaia. Si deve inoltre notare che non è condizione
assolutamente necessaria che tale conduttore sia posto all’aria libera,
perché potrebbe anche essere collocato nell’interno di fabbricati e perfino
entro sotterranei. (…) Inoltre, mentre gli apparati trasmittenti sono sempre
rumorosi nel loro funzionamento e richiedono l’impiego di una notevole
energia elettrica prodotta da motori a scoppio, gli apparati riceventi sono
assolutamente silenziosi.” Con la diffusione delle reti di collegamento radio nel
corso del conflitto mondiale, si accrebbero in maniera esponenziale le
possibilità di intercettazione e di disturbo da parte del nemico. Il
principale punto debole delle radiocomunicazioni rispetto agli altri sistemi
di collegamento venne riconosciuto, infatti, nella sensibilità ai disturbi,
indotti dal nemico o naturali, e nella facilità di intercettazione da parte
di stazioni riceventi avversarie sintonizzate sulla stessa frequenza d’onda.
Ai disturbi provenienti da appositi apparecchi nemici, occorreva ovviare
attribuendo ai segnali acustici una tonalità differente da quella dei
disturbi, oppure tenendo disponibili alcune onde da impiegare segnatamente
in ore di non consueto lavoro. L’intercettazione si evitava imponendo una
ferrea disciplina di lavoro: trasmissioni esclusivamente in cifra, stazioni
contraddistinte da nominativi, limitate possibilità di scelta dell’onda.
Cifrario, nominativo e onda di trasmissione dovevano essere frequentemente
cambiati, allo scopo di meglio assicurare il segreto. Per ridurre il rischio
di intercettazioni radio da parte del nemico, il Comando supremo ribadì nel
giugno 1916 a tutti gli alti comandi il divieto di servirsi della
radiotelegrafia disponendo di altri mezzi di comunicazione e nella
trattazione di notizie militari particolarmente importanti e di rilievo
politico. Uno dei primi provvedimenti presi dai nuovi vertici dell’esercito
all’indomani di Caporetto fu proprio quello di cambiare tutti i cifrari e di
uniformarne e regolarne l’impiego. Il Comando Supremo italiano si era reso
conto, infatti, della facilità con cui il nemico riusciva a decifrare le
proprie comunicazioni classificate a mezzo radiotelegrammi.
In sostituzione
dei cifrari Militare tascabile e Speciale pei comandi inferiore alla
divisione, si è adottato il tipo di cifrario a Dizionario di sillabe e
parole, compilato con la scorta di alcune centinaia di fonogrammi
effettivamente scambiati in varie Divisioni. Tale tipo presenta una notevole
garanzia di segreto (dovuta specialmente alla numerazione completamente
arbitraria delle voci), purchè vengano osservate alcune semplici norme. (…)
L’uso sempre più ampio della radiotelegrafia come mezzo di comunicazione,
con le conseguenti possibilità d’intercettazione da parte del nemico, e la
perfezione raggiunta dai mezzi di intercettazione telefonica, rendono
necessaria la massima oculatezza nell’impiego dei metodi destinati a cifrare
le comunicazioni telegrafiche, telefoniche e radiotelegrafiche. Questo
comando ha già provveduto per la diramazione di cifrari per la prima linea
(cifrario “R”), per le maggiori unità fino alla divisione (cifrario “D”),
per l’adozione di apposite tabelle di trasformazione pei cifrari “Speciale”
e “Azzurro”, e sta provvedendo per il rifacimento del cifrario “Azzurro”,
suddetto e del “Verde”. Inoltre speciali istruzioni sono state impartite
alle sezioni R.T. per la cifratura dei radiotelegrammi. (…) I cifrari più
comunemente usati del tipo a dizionario con numerazione paginata sono di
facilissima decifrazione per parte del nemico anche se non possiede il
cifrario, purchè abbia a sua disposizione un certo numero di testi cifrati,
specie se, come avviene di solito, la cifratura non è integrale. Le
cosidette chiavi, consistenti nel cambiare la numerazione delle pagine,
quasi nulla aggiungono al segreto dei cifrari di tale tipo. In nessun caso
uno stesso cifrario dovrà essere tenuto in servizio per più di un mese; di
norma però il cambio dovrà avvenire ogni 15 giorni, e anche più spesso, nei
periodi di intense comunicazioni o precedentemente ad importanti azioni,
oppure quando si abbia il fondato sospetto che il nemico intercetti
perfettamente le nostre comunicazioni, oppure ancora quando il cifrario sia
usato frequentemente per comunicazioni radiotelegrafiche.” Nell’autunno
1918, per i collegamenti tra i comandi fino a quello di divisione compreso,
i radiotelegrammi dovevano ricorrere al cifrario “Grigio”; le comunicazioni
radiotelegrafiche con comandi alleati sfruttavano, invece, il cifrario “I.A.”
(interalleato). Le norme e procedure tendenti a garantire la sicurezza delle
comunicazioni radio apparivano quanto mai necessarie in considerazione
dell’impulso dato in Austria-Ungheria al servizio intercettazioni radio,
attivo contro l’Italia già ai tempi della guerra di Libia. Anche l’Esercito
italiano aveva cercato. Comunque, di seguire l’esempio dei più moderni e
meglio attrezzati eserciti alleati e nemici, sviluppando una propria
capacità di intercettazione di comunicazioni radio. Già nel febbraio 1916,
gli specialisti italiani del genio radiotelegrafisti erano stati in grado di
captare trasmissioni radio tra aerei austro-ungarici impegnati in missioni
di osservazione e direzione del tiro d’artiglieria e stazioni riceventi a
terra. “Tutti i radiogrammi avversari qui riportati sono stati intercettati
dalla stazione radiotelegrafica di Maria Zell, situata sulla collinetta a
quota 641, a sud di detta località, e provenivano con ogni verosimiglianza
da apparecchi posti su velivoli austriaci librantisi in volo a discreta
distanza, a nord della suddetta stazione ricevente, nel settore
Tolmino-Santa Lucia. O a sud, nel settore Gorizia: non s’è potuto accertare
dove. Dall’ora in cui vennero intercettati detti messaggi risulta che
l’avversario usa fare le osservazioni di tiro mediante velivoli dalle ore 11
alle ore 12, ora che certamente nell’attuale stagione porta le migliori
condizioni di visibilità. (…) Si stima inutile far rilevare come dagli
esempi allegati appaia chiaramente che il sistema dell’aggiustamento del
tiro coll’osservazione di velivoli viene adoperato ormai correntemente e
con grande perizia dagli austriaci, tanto da consentire aggiustamenti con
numero di colpi relativamente limitatissimo, che consentono sia brevi voli
degli apparecchi, sia due aggiustamenti durante uno stesso volo. Il comando
della stazione radiotelegrafica di Malga Zell esprime l’avviso che la
miglior arma per rendere aleatorie od inefficaci le segnalazioni di tiro
degli aeroplani nemici sia la installazione in località e posizione
opportuna di una stazione radiotelegrafica mittente, di sufficiente
potenzialità e munita di apparecchio per variare celermente la lunghezza
d’onda, la quale lanci, non appena avvertita una segnalazione nemica, dei
segnali simili a quelli riportati, atti a falsare comunque l’esatta
interpretazione delle segnalazioni avversarie. Nel marzo 1916, tramite
intercettazioni radio, il Comando Supremo italiano venne a sapere
dell’afflusso per ferrovia di dieci equipaggi da ponte diretti nella zona di
Tolmino e di preparativi austro-ungarici per una puntata offensiva nello
stesso settore. Nel luglio 1916, l’Ufficio informazioni del Comando Supremo
decide di togliere, alle sole stazioni radiotelegrafiche direttamente
assegnate ai comandi d’armata e alla Zona Carnia, “il divieto di
intercettare e trascrivere i comunicati nemici, allo scopo di permettere ai
maggiori comandi di venire sollecitamente a conoscenza dei bollettini di
guerra avversari per provocarne eventualmente la smentita”. Il servizio
radiogoniometrico per la localizzazione delle stazioni radio nemiche e
d’intercettazione radio, come quello telefonico, vennero gestiti, a partire
dal 1917, dall’Ufficio Informazioni del Comando Supremo (posti
radiogoniometrici e d’ascolto arretrati e posti d’ascolto territoriali) e
dagli uffici o sezioni informazioni dei comandi d’armata (posti
radiogoniometrici e d’ascolto arretrati e posti d’ascolto d’armata). La
radiogoniometria, cioè la tecnica che tende a determinare la direzione di
provenienza dei segnali radio, venne impiegata con successo, soprattutto in
pianura, grazie anche al numero relativamente ridotto di stazioni R.T. in
dotazioni agli austro-ungarici ed alla loro elevata potenza di trasmissione.
Occorrevano tre radiogoniometri, convenientemente distanziati tra loro, che,
determinando la rispettiva direzione di provenienza della stessa emittente,
deducevano, dal’incrocio di due o tre stazioni rilevate, la dislocazione
della stazione radio nemica. La tendenza generale, manifestatasi presso
tutti gli eserciti belligeranti, verso l’impiego sempre più ampio di piccole
stazioni R.T. come mezzo di comunicazione dei reparti di prima linea, rese
possibile una maggiore utilizzazione delle intercettazioni radio come fonte
di informazioni sul nemico. Si sentì, quindi, il bisogno di estendere il
numero dei posti d’ascolto R.T. e radiogoniometrici nelle vicinanze delle
linee nemiche e di decentrare il servizio in modo tale da rendere più rapida
e fruttuosa l’utilizzazione dei risultati. Così, nell’aprile 1918, il
Comando Supremo dispose il riordinamento del servizio intercettazioni
radiotelegrafico, che assunse la seguente fisionomia organica:
Organi del
servizio presso il Comando Supremo: 1) il Reparto R.T. del Servizio
Informazioni, 2) il suo distaccamento crittografico presso la Sezione
radiogoniometrica del Comando Supremo, 3) L’Ufficio dell’Ispettore capo del
servizio telegrafico militare, 4) la Sezione radiogoniometrica del Comando
Supremo. Organi del servizio presso le armate: 1) un Reparto I.R.T.
(intercettazioni radiotelegrafiche) facente parte della Sezione R.T.
d’armata e comprendente almeno un ufficiale ed un certo numero di stazioni
sia di ascolto che radiogoniometriche in relazione alla natura ed alla
estensione del fronte dell’armata, 2) un ufficiale dell’Ufficio informazioni
d’armata, specialmente istruito nel servizio crittografico. La
documentazione proposta evidenzia la sensibilità dei vertici del Regio
Esercito sul problema delle intercettazioni radio fin da prima del conflitto
mondiale e gli sforzi, forse tardivi, fatti per rendere sicura e segreta la
trasmissione, allo scopo di evitarne la decrittazione da parte del nemico.
Il servizio intercettazioni radiotelegrafico italiano, anche se meno
sviluppato di quello telefonico, e forse meno efficiente di quello
austro-ungarico, raggiunse, comunque, un discreto sviluppo nel corso della
guerra, come testimoniano le 34 stazioni in servizio nel 1918.
a cura di F. Cappellano in Storia Militare. Per gentile concessione
WWW.QUELLIDEL72.IT