Aviosuperficie di Cà degli Oppi - 1. L'Aeroporto
Il 24 ottobre 1917 il Regio Esercito subisce, come è
noto, una grave disfatta che costringe le truppe ad indietreggiare per oltre
120 km, arrestandosi sulle sponde del Piave, dove finalmente riesce ad
organizzare una solida resistenza. Sulle terre perdute vengono abbandonati
numerosi campi di aviazione, velivoli e materiali e i reparti che riescono a
portarsi oltre il sacro fiume affollano tutti i campi di aviazione rimasti.
Si deve provvedere immediatamente alla riorganizzazione, allestendo quanto
prima nuove aviosuperfici, hangar, baracche, ricoveri e quanto necessario
per ridistribuire i reparti rimasti e i nuovi in formazione secondo le
mutate esigenze operative. Si deve altresì tener conto che esiste il concreto rischio di una nuova rotta e quindi
provvedere alle future necessità pensando ad un nuovo fronte sulle
rive dell’Adige o del Mincio. Dando
prova di elevato pragmatismo e di notevole efficienza, il Genio militare
allestisce in tutta fretta una nuova serie di campi di aviazione nel Veneto e in Lombardia, compreso il veronese che già ospita i campi cittadini
di Tombetta e Piazza d’Armi, l’aerodromo per dirigibili di Boscomantico e
altri campi di emergenza come Belfiore, Peschiera, Sona, e Villafranca di
Verona. Tra i nuovi campi viene allestito anche quello di Ca degli Oppi,
insieme a Ganfardine (Villafranca di Verona), Calcinaro presso Nogara, e
Sabbion di Cologna Veneta.
Come si evince dal disegno il sedime risulta disposto lungo la via San Francesco che collega Ca degli Oppi con Villafontana immediatamente a occidente del borgo e allungato in senso est-ovest. La conformazione generale è definita dalla presenza limitante e caratteristica della Fossa del Vescovo, che chiude il campo a occidente e sul lato meridionale con una linea sinuosa. Sullo schizzo sono riportate in pianta 18 strutture di cui 11 disposte sul perimetro esterno e 4, indicate con numerazione romana, rappresentanti hangar smontabili tipo Bessenau (traliccio metallico e copertura in tela) capaci di contenere ciascuno due velivoli Caproni da bombardamento. Gli hangar sono disposti a coppie sui lati corti del campo, ed ogni coppia riservata ad una squadriglia. In particolare gli hangar occidentali erano a disposizione della 4^ Squadriglia, quelli orientali per la 6^. Due strutture (a occidente e a oriente) sono identificate come baracche dell’Ufficiale di Servizio, uno per squadriglia. Quella disposta sul lato orientale, tra due varchi, presumibilmente doveva essere accanto all’ingresso principale, prospicente e vicino alle case del borgo. Sono indicati altri due varchi, uno piuttosto largo disposto sulla via principale, a nord del campo (Via San Francesco), che potrebbe essere stato l’ingresso carrabile, ed un altro, sempre sulla stessa via ma ad occidente, probabilmente funzionale alle esigenze della 4^ Squadriglia. Le altre strutture sono indicate come alloggi ufficiali, sedi delle squadriglie e magazzini. Tra questi ci sono tre edifici civili in muratura presistenti e quello indicato con il numero 2 è ancora esistente nell’attuale proprietà Sandrini. Non esisteva recinzione cui si cercherà di provvedere nel luglio successivo nel quadro di un programma di lavori di completamento, che contemplano anche l’arrivo di un nuovo hangar Bessanau, di una baracca per le munizioni e di un terrapieno per le esercitazioni a fuoco delle armi di bordo. Della realizzazione di quest’ultimo, oltre che dai documenti, è rimasta anche una testimonianza orale.
Sappiamo che il campo di aviazione, almeno fino al
mese di maggio, era anche sprovvisto di energia elettrica, quindi per
l’illuminazione di servizio fu dotato di stazioni fotoelettriche montate su
camion. Le fotoelettriche erano necessarie per illuminare la “pista” di
notte durante i decolli e gli atterraggi e per segnalare la base ai velivoli
di ritorno (fascio verticale). Ogni stazione era composta da due fari, ed
erano ricoverate in una cascina denominata “Pasta”, molto più probabilmente
di proprietà della famiglia Pasti. In tutto erano tre, due destinate al
servizio di rotta (di notte segnalavano la posizione del campo con un fascio
di luce verticale, e una terza che serviva ad illuminare la striscia per i
decolli e gli atterraggi e che veniva spostata dal lato ovest al lato est a
secondo delle esigenze. I velivoli infatti decollavano secondo la direzione del vento e gli equipaggi avevano fatto notare che a Ca degli oppi era preferibile decollare sempre controvento.
I velivoli erano ricoverati entro gli hangar aperti
sul lato lungo. I grossi bombardieri (22 metri di apertura alare) erano
sospinti dal personale di manovra, dentro e fuori dagli hangar, facendo
scorrere le ruote del carrello su un apposito binario. Comunque sia la striscia effettivamente utilizzabile era molto
ristretta e le asperità del terreno non consentivano il decollo in sicurezza
dei Caproni a pieno carico, con conseguente limitazione delle capacità
belliche. Complessivamente il campo ha una forma di quadrangolo irregolare
con una lunghezza complessiva di oltre 700 metri. La situazione ambientale
non era delle migliori. Nella primavera del 1918 piovve abbondantemente e dopo ogni acquazzone il campo si
trasformava in un acquitrino permanente. Dal punto di vista sanitario, già il
22 maggio il comando dell’XI Gruppo segnala una situazione di disagio, di
nuovo stigmatizzata in un documento del 2 giugno in cui si precisa che ben
11 militari erano ricoverati presso l’ospedale di tappa di Bovolone per
febbri “malariche”. Altri due, con febbre alta, a causa di punture di zanzare vi sarebbero stati
trasferiti lo stesso giorno. In generale il personale disponibile è molto
ridotto e limitato a quello necessario per le operazioni sui velivoli, tanto
che non è possibile nemmeno organizzare una sorveglianza armata. Il servizio
di piantone viene effettuato con il personale, già esiguo, delle
squadriglie. Si richiedono con insistenza urgenti provvedimenti se non il
trasferimento del reparto. Gli aviatori non vogliono stare a Ca degli Oppi e
vorrebbero tornare a Verona, luogo con tutt’altre prospettive di vita, non
solo dal punto di vista operativo.
Il 14 maggio 1918 iniziarono le operazioni di trasferimento dell’XI Gruppo Aeroplani e della dipendente 4^ Squadriglia Caproni da Verona Piazza d’Armi a Cà degli Oppi. Le operazioni si concludono il 15 con l’arrivo del comandante tenente pilota Pirola, del tenente pilota Rodolfo Calogero, del sottotenente Santi Mazzola e dei sergenti Ponti, Brusadin, Brambilla, Tanzarella, D’Ortona e Longoni. Con loro il capo motorista Luigi Bressan. Secondo i documenti ufficiali la squadriglia rimase a Ca degli Oppi fino a 31 ottobre 1918, ma di fatto vi restò poco più di un mese. La squadriglia aveva in dotazione 3 apparecchi Caproni Ca.450 (biplani trimotori), matricole 4071, 4215, e 11507. Nel pomeriggio del 20 maggio anche la 6^ Squadriglia arrivò dal campo di Verona con 4 apparecchi e due equipaggi. Le pioggie insistenti riducono a mal partito il campo che diviene impraticabile. La sera del 15 giugno il Caproni 11507 della 4^ Squadriglia, mentre veniva condotto dal proprio ricovero alla linea di partenza verso gli hangar della 6^, sprofonda con le ruote nel terreno, con un principio di capottamento. Cede la bequille anteriore e la carlinga si appoggia direttamente sul terreno. Nel pomeriggio un incidente analogo era accaduto all’apparecchio del tenente Pirola in procinto di partire per una missione di bombardamento. Diviene chiaro a tutti che è impossibile partire o atterrare sulla striscia di terreno nonostante non piovesse ormai da tre giorni. Il 16 giugno il Ten. Col. Armani comandante dell’XI Gruppo, decide di far trasportare i velivoli nuovamente a Verona scrivendo la parola fine alla breve e infausta parentesi operativa del campo del basso veronese, durata precisamente un mese. Formalmente il campo di aviazione continua ad essere sede dell’XI Gruppo e delle due squadriglie di volo, la 4^ e la 6^, ma di fatto le operazioni continueranno sul campo di Verona per tutta l’estate. Il Comando Supremo di Aeronautica, era comunque del parere che, non appena ripristinata la situazione, Ca degli Oppi avrebbe dovuto essere riarmato. Il 6 luglio 1918 il Comando Superiore di Aeronautica trasmette al Commissariato Generale per l’Aeronautica di Roma una relazione con l’indicazione dei lavori necessari e urgenti per la definitiva sistemazione della parte ovest del campo, in quanto necessario per le necessità delle squadriglie Caproni. Nella stessa relazione si richiede la messa in opera della recinzione e la costruzione del parapetto per le esercitazioni a fuoco, che come già sappiamo, fu prontamente realizzato. Che il campo fosse stato effettivamente abbandonato, tranne probabilmente un servizio di custodia, lo si può evincere anche da una lettera del Generale Bongiovanni, capo del Comando Superiore d’Aeronautica del Comando Supremo, del 24 giugno nella quale si richiede di assicurare la èresenza di un ufficiale dell’XI Gruppo per fornire le necessarie indicazioni al responsabile di una squadra incaricata di montare un quinto hangar Bessonau destinato al ricovero del velivolo del comandante di Gruppo. Nei progetti futuri, il campo avrebbe dovuto anche ospitare una terza squadriglia, la 14^ Caproni, reduce dalla Francia.
indietro |
|
avanti |
WWW.QUELLIDEL72.IT